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domenica 14 novembre 2010

Gli unici colori

Le molliche di pane risiedevano sulla tovaglia nuova, a fiori, e quelli, erano gli unici colori che Marco riusciva a distinguere in quella confusione di stati emotivi.
E un'altra palletta di pane risuonò nel bicchiere che Marco usava come canestro.
Quell'insignificante e innocente tuffo della minuscola pallina nell'acqua, richiamò in lui lontani ricordi di vacanze estive in tenda, con gli amici, di tuffi pericolosi per farsi guardare dalle ragazze straniere, tante, bionde e dai fianchi generosi.

-Vieni di là? Ho preso un film.- Intonò in "Re naturale" Lisa e Marco vide solo le sue pantofole fuggire dietro lo stipite della porta inseguite dalla cinta della vestaglia, scolorita.

E senza rispondere ritornò alle sue molliche e ai suoi pensieri.
Non riusciva più a fare l'amore con lei, da mesi.
Non riusciva neanche a fare sesso, magari pensando a un'altra, come gli aveva consigliato un amico.
Non vedeva più nulla oltre i suoi fianchi ormai troppo larghi e poco attraenti, oltre quella vestaglia rattoppata e quasi indecente, oltre quegli occhi pieni di malinconia, quella bocca che negli anni aveva preso a sostituire dei passionali "ti amo" con dei silenziosi "ti lascio".

-E vattene và-
Disse a mezza bocca come se Lisa gli avesse appena comunicato la sua definitiva intenzione di andare via per sempre, e un'altra pallina di pane fu annegata nel bicchiere.
I suoi occhi neri, piccoli e astiosi, guardavano la mollica disfarsi nell'acqua, lasciando venire a galla filamenti biancastri come melma e putridume e pensò che così era la sua vita.
Così il suo matrimonio.

Sul divano a due Lisa fumava.
Lo schermo mandava immagini, ma i suoi grandi occhi verdi e appena rigati di matita, si perdevano fra gli scaffali capienti e i lunghi corridoi, in fantastiche ed economiche idee per rimettere a posto quel bivano squallido, buio e rumoroso e cercava di immaginarlo più confortevole e senza abbandonare l'idea di poter ricavare una piccola zona studio per lui, rinunciando, ancora una volta, ai saldi di fine stagione.
- Marco, tesoro? ... perchè domenica non facciamo un giro in qualche Centro Commerciale?-

Un "si" che sembrava l'ultimo anelito di vita di un moribondo, sibilò per la cucina raggiungendo Lisa che, gli occhi ancora su modelli Benno, Klobo e Solsta spense la sigaretta, si alzò per infilare il DVD e un -figurati- che sperava si confondesse con l'avvio del vidioregistratore risuonò chiaro ed eloquente rimbalzando fra i mobili in bambù fino al tavolo della cucina e alla nuova tovaglia a fiori, colorata.

Un lento, sillabato, interrogativo, sospettoso e quasi incredulo "che hai detto" partì allora dall'altra stanza colpendo Lisa alla schiena.

Ed era così che ogni sera, inizavano a consumare l'aria, era quello il gong d'inizio, quella la provocazione lanciata in centro campo.
-Marco dai, vieni che ci vediamo un film e andiamo a dormire- e si tirò su i capelli con il mollettone un tempo tempestato di strass, un tempo utilizzato per feste e uscite con amici, la ricrescita era inevitabile e doveva aspettare fine mese, pensò fra sè e sorrise poco convinta nel brutto specchio, dono di nozze di chissà quale parente male in arnese.

Marco era ormai a fine partita, 12 canestri su 15 tiri e le risate delle ragazze straniere già si perdevano fra lo sciabordio delle onde che lentamente si trasformava in quello ripetitivo e alienante della lavatrice.

-Lisa?-
-Eh?-

-Niente... adesso arrivo- 

5 commenti:

  1. Brava Bibo, bellissimo questo pezzo, mi sono sentita a poco a poco risucchiata in una vertigine di squallore quotidiano, poi sospesa in un'atmosfera da "quiete-prima-della-tempesta" e infine sollevata, ma di quel sollievo angosciante, che sai benissimo essere solo il preludio di un'altra, più aspra battaglia, in attesa di uno scontro finale solo di pochissimo rinviato!
    :)

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  2. I complimenti per il modo in cui scrivi, te li avran fatti in miliardi. Talmente meritati, che non resisto e me ne strafotto della banalità: brava, non posso non dirlo.

    Il tuo brano mi ha richiamato alla mente una canzone degli Afterhours, "Vedova Bianca". Recita così: ".. ma la violenza della stabilità, è un modo di morire a metà.."
    Io, nel PER SEMPRE ci credo. Ci ho sempre crduto, additata come un'inguaribile romantica, presa da un'utopia che a detta di molti non trova un riscontro sostanziale nella "vita reale".
    Io ci credo, ci ho sempre creduto. Nella stessa maniera un cui ho creduto che la routine è il lento suicidio dell'amore, il milligrammo di piombo ingoiato mattina dopo mattina, che all'improvviso trabocchi e muori.
    Io l'ho scampata, ma so di essere stata incredibilmente fortunata: ho accanto una persona meravigliosa, che mi aiuta a far si che il rapporto non si logori mai, riinnamorandoci l'un l'altro giorno dopo giorno.
    Lo ammetto candidamente: è stato solo puro culo, il mio. :)
    Non c'è alcun segreto, alcuna "etica comportamentale" dietro. Culo, culo, culo. Altresì chiamato fortuna, mi scuso per il turpiloquio, ma talvolta è necessario a rendere l'idea.
    Tutto questo per dirti che.. io continuo a crederci, continuo a sperare. E ti dirò, ancora più motivata di prima, dopo aver letto il tuo bellissimo pensiero, spunto di riflessione.

    Ti abbraccio, dolce Elena. E continuerò a seguirti con estremo piacere.

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  3. Perchè non c'e' speranza?

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  4. chissà che anonimo è lei. diciamo che la speranza è un'attitudine alla vita che detesto.

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