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giovedì 10 febbraio 2011

Teresa e la dignità delle donne.


- Tu ci vai alla manifestazione per la dignità delle donne?-
Terry ha infilato la testa in un grande baule dal quale tira fuori alla rinfusa scatole e buste, vecchi peluche e bambole e, alla fine, brandisce vittoriosa un piccolo ombrello rosso in legno e seta.
- Ecco!- e lo apre nonostante le mie proteste -Adesso sì, penso che ci andrò-.
Beh, certo con l’ombrello rosso che ci ripara dal moralismo possiamo scendere in piazza anche io e Teresa che per l’occasione sfilerà in gran tenuta vintage.
Mi porge una fetta di torta al cioccolato e, fiera, mi mostra un paio di storici anfibi londinesi ritrovati chissà dove.
-Pensi che da vecchia li indosserò ancora?-
- Certo- le rispondo, - purché non siano proibiti nell’ospizio dove siamo destinate-
- Eh già...-
e la visione di due vecchie amiche davanti al televisore di una tristissima casa di cura convenzionata ci riduce al silenzio.
-Tu lo sai che nella vita può anche capitare di fare marchette no?-
- Ma tu non hai mai avuto bisogno di fare marchette...-
Vero, Terry non ha mai avuto questa necessità, e per fortuna, ma se anche ne avesse fatte molte –a quanto ne so, le è capitato quando era molto giovane e sempre nella speranza di conquistare qualche vecchio porco e di fare carriera-, non ci troverei nulla di strano.
La questione non è in chi fa marchette, anzi, francamente, stimo molto di più chi le fa e non lo nasconde piuttosto che le signore che hanno fatto matrimoni di convenienza e magari ricoprono oggi ruoli di potere grazie al marito.
Il problema è che la storia non cambia e che l’Italia è un paese misogino, un paese che crede ancora che siamo inaffidabili, creative in natura e non in letteratura, abili nell’ordire trame ma non joint venture, fantastiche nell’educare figli ma non nel dirigere il personale di un’azienda.
E non basta una donna a capo della CGIL!
Ce ne vorrebbero milioni di donne al potere per non incorrere più in ricatti sessuali o, peggio ancora, nell’essere relegate a fare fotocopie.
- Parità un cazzo!- sbotta la mia amica.
E’ vero, è proprio così.
Poco tempo fa, non ricordo in quale libreria, mi sorpresi nel guardare a bocca aperta uno scaffale su cui c’era scritto “letteratura femminile”. Pensavo si trattasse di romanzi rosa, da sempre destinati a noi e, invece no, si trattava di libri scritti da donne e che raccontavano di donne. Tralasciando il solito discorso sull’editoria a pagamento, di cui abbiamo le tasche piene, e nella speranza che la moda finisca al più presto, ammetto che quella distinzione mi ha fatto male. E l’idea di finire su quello scaffale mi ha fatto venire i brividi.
Siamo tornate indietro invece di andare avanti e siamo ancora al vecchio concetto della “sistemazione”, ancora con il fucile imbracciato nell’attesa che il “tordo” di turno si posi sul ramo per poterlo impallinare a dovere e, grazie al suo stipendio, sopravvivere.
In fondo, cosa c’è di diverso in questo atteggiamento rispetto a chi, in modo professionale, percepisce denaro per delle prestazioni sessuali?
Niente, anzi, direi che le donne che si prostituiscono hanno più tempo libero e non devono sorbirsi il misogino di turno a colazione, pranzo e cena.
Per lo meno sono autonome!
Credo che le ultime indagini Istat la dicano lunga sulla questione femminile in Italia, le donne non lavorano e non cercano lavoro, ed è quest’ultimo dato che mi preoccupa di più e la colpa non è solo della CULtura imperante dell’ultimo ventennio, era così anche prima.
E’ sempre stato così.
Le donne di partito negli anni settanta, schiacciate dal moralismo della sinistra e che per fare carriera dovevano in primo luogo essere fisicamente all’altezza: possibilmente poco avvenenti (per non essere offensiva), e dall’aspetto di suore laiche, moralmente irreprensibili e diplomatiche, generalmente comunque sposate a un uomo di partito (lasciando da parte rare "mosche bianche").
Attrici, cantanti soubrette... Ma stiamo scherzando? Dobbiamo fare l’elenco e raccontare le storie di ognuna di noi e delle battaglie perse e degli sguardi concupiscenti o di indifferenza?
Dei matrimoni di convenienza?
La verità è che siamo ancora a pagina 100 di un romanzo della Austen ma ancora meno consapevoli della nostra condizione.
Una contro l’altra alla conquista del maschio di turno! Che orrore!
Perché se sei bella, semplicemente carina o sexy, e per disgrazia sei anche intelligente, risulti automaticamente pericolosa, e lo sei per gli uomini di potere, per le mogli degli uomini di potere, per le segretarie degli uomini di potere, per le amanti degli uomini di potere!
Una donna bella è guardata a vista da tutti, è chiacchierata e deve dimostrare di continuo di essere all’altezza del ruolo che ricopre –lasciando da parte, s’intende, la questione della leadership di certi ministeri nell’attuale oligarchia italiota-.
Se hai le carte giuste, ti conviene prendere al laccio qualcuno e fargli almeno tre figli per assicurarti gli alimenti, se invece hai la disgrazia di non poterne fare, e magari perché per quarant’anni sei stata occupata a dimostrare il tuo valore, non solo sei una donna a metà, ma ti annuncio che io e Terry saremo felici di farti posto sul divano della nostra futura casa di cura convenzionata!
Riparate sotto l’ombrello rosso io e Terry scenderemo in Piazza a Roma ma, comunque, piene di se e piene di ma...
La storia non cambierà.

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