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martedì 30 agosto 2011

Teresa e un'occupazione anche precaria cercasi


Terry non ha mai cercato lavori troppo impegnativi, contratti a tempo indeterminato o chissà cosa: una che gira il mondo, non sa mai dove sarà domani o tra tre anni, prendere impegni troppo lunghi le creerebbe solo danni.
Davanti a un’offerta troppo seria poi, potrebbe prenderle un collasso, non è da lei andare in cerca di una sistemazione certa, non le va di star sotto padrone, è libera anche in questo oltre che in amore.
E sì che di anni non ne ha troppi ma neanche pochi, e ha lavorato sempre e da quando era ragazza, un po’ dovunque è vero e in mille condizioni e senza andare al tempo delle mele, quando nelle valli ne riempiva ceste intere, ha fatto la cassiera, la barista e la cameriera, in un circo la trapezista e in teatro il direttore di scena, come mascherina nei cinema era perfetta, anche la hostess, fra divise e passeggeri di prima classe.
In ufficio pignola segretaria, la penna sull’orecchio e l’aria seria, impiegata come baby sitter, venditrice porta a porta e parrucchiera: si adatta a tutto Teresa pur di lavorare, poter nutrire gatti e fare torte.
Terry coltiva a casa i suoi interessi, non mette la realizzazione personale nel lavoro, oggi almeno non le pare il caso.
Non è più il tempo della scelta, della ricerca di una strada, quando non regnava tutta questa confusione si poteva fare, all’epoca in cui per essere un'attrice dovevi avere un gran talento e se avevi una voce da cornacchia, non ti prendevano per la tua bella faccia, perché il tuo amante era il nipote del sindaco o di quel ministro.
L’ambizione potevi averla allora, quando contavano i risultati e non i rapporti, quando erano i successi a farla da padrone e non il cognome, un’epoca lontana in cui contava solo ciò che avevi dentro, non chi conosci o chi sei stato.
Ma Terry passa anche su questo, è una che si adatta a tutto: andare a cena da tizio e a casa da sempronio, vedere gente e fare cose, essere presente, stare e attenta alla tendenze, col fiato sul collo di quello e di quell’altro.
Certo che farò buon viso a cattivo gioco: mi tappo il naso, chiudo gli occhi e la questione è chiusa.
Non so se basterà cara Teresa!
Eh sì che comunicazione l’ha studiata, le saltano agli occhi gli annunci di lavoro e quelli giusti, tutti i giorni si alza dal letto ottimista, si da fare con curriculum e lettere, e aspetta il tempo giusto prima di lasciar stare anche perché sa bene che il momento è proprio grave.
Eppure, mi dice infilando un biscotto al latte nel tazzone, mi pare che qualcosa sia cambiato, e per sempre, ed è la buona educazione della gente.
Capisco che in giro c’è disoccupazione ma una risposta di default almeno, un no grazie di qualsiasi tipo, non mi serve provi altrove, sold out ma ci dispiace, grazie per averci contattato le faremo sapere, un laconico saremo lieti ma siamo al completo, chiuso per ferie riprovi domani, un non hai vinto riprova un’altra volta, qui non c’è lavoro neanche a pagarlo... insomma qualcosa chi riceve la domanda potrebbe anche dirla.
La casella di “posta inviata” invece, pare suggerirle che al mondo è l’unica sopravvissuta: sopravvissuta alle invasioni barbariche dei presuntuosi, di quelli che hanno il culo al caldo e per questo fanno i boriosi, dei figli di chissà chi che si permettono di non dare risposte, come se fosse un’onta, per il rispetto altrui, mettere in fila due parole oneste.
Teresa capisce che a trovarsi dall’altro lato non è mai tutto rose e fiori, che quello del lavoro è un difficile mercato, ma lei ci si è trovata e molte volte e ha sempre risposto con delicatezza, sincerità e compassione: perché cercare lavoro, non è mai una gran bella missione.
Meglio una risposta qualunque anche se negativa piuttosto che un silenzio ostinato, un nulla di fatto che significa che la tua vita, non ha nessun significato.
Terry farà torte a vita piuttosto che chinare un’altra volta la testa.
Curriculum non ne vuole più inviare, e se la qualcuno la vuole, che la venisse a cercare!

1 commento:

  1. Merita approfondimento... In un paese in cui di colpo ogni azienda potrà mandarti a quel paese senza neppure spiegarti il perchè. Dicono "siamo diventati come gli americani"!!! Certo, solo che in America anche se dopo licenziato dal ruolo di direttore generale della Lehman Bros passi 6 mesi a fare single expresso da Starbucks e altre 3 mesi da Waterstone, non rischi che ti chiedano spiegazioni con la lampada sul viso e che vogliano una fidjussione bancaria per assumerti con contratto a progetto.
    Lavoro... tu me provochi? E io me te magno!

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