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mercoledì 21 dicembre 2011

Teresa e il post di Natale

Anch’io voglio entrare nella lista nera del gruppo neonazista,
inizio quindi questo post di fine anno, porgendo le mie sentite condoglianze
alle famiglie di Mor Diop e Modou Samb, vittime innocenti di inutili guerriglie.
Degli scandali del calcio scommesse non me ne frega niente,
m’importa solo dell’anno che verrà, ed è già super tassato,
prima ancora di essere nato.

Le lettere a Babbo Natale lasciatele scrivere a chi ha qualcosa da domandare,
a chi non ha da lavorare e non sa come campare,
non a comici prezzolati e ormai ripetitivi
che stanno sempre in tivvù a far finta di esser pieni di casini.
I casini li abbiamo io e Teresa che con un fallimento alle spalle,
abbiamo ancora le banche che ci rompono le balle.


Mi preoccupa che una come Ruby Rubacuori passerà alla storia,
e che avremo una ex mignotta a futura memoria
come simbolo di una certa epoca e un modo di pensare,
che ha rimesso noi donne in un’odiosa situazione
quella per cui, e dopo anni di lotte e di cortei, ci troviamo a esser valutate,
per come siamo vestite e non per ciò che siamo state.

Che l’Italia sia ancora classista dobbiamo ficcarcelo in testa,
si chiama oligarchia e non democrazia questo stato di cose,
dove senza un triplo cognome o un giornalista in famiglia,
ci si ritrova per strada o sui social network a darci battaglia,
destinati a uniformarci alla cultura riciclata
e a vedere la nostra intelligenza sottovalutata.

Non sei niente e puoi urlare finché vuoi le tue ragioni,
ma è l’informazione che fa la differenza,
ed è una roba marcia e manipolata di cui, però, non si può fare senza.
Li vedo su twitter i colorati pavoni -di cui non c’è bisogno di fare i nomi-
che distendono le loro piume colorate
certi che le proprie opinioni saranno ritwittate.

Sono loro i fari delle nostre coscienze assopite,
che ci dicono se e cosa fare fingendosi solidali alla rivoluzione,
nonostante il loro conto in banca sta quasi per scoppiare.
Abbassiamo una volta per tutte lo share a lor signori e spegniamo i televisori,
mettiamoci in testa che non sono loro che risolveranno i nostri problemi
guardiamo piuttosto alla storia passata e da cosa l’ideologia è stata rimpiazzata.


Più mi guardo indietro più mi sembra che nulla sia cambiato,
è come il gioco dei quattro cantoni,
con il cretino che sta nel mezzo e che non trova una collocazione,
e quelli siamo noi, gli illusi che senza un santo in paradiso,
pensano che ci sarà un nuovo anno, un domani o un direttore generale
che ci accoglierà con un sorriso e ci darà da lavorare.

2 commenti:

  1. La metafora dei 4 cantoni è eccellente. Noi a girare fra rocche inaccessibili col naso all'insù, tanto all'insù da non accorgerci dei tombini aperti sul pavimento...e giù nelle fogne, spariti per sempre dalla scena. Gente che perde il lavoro a 50 anni o che perde se stesso a 20-30-40 anni che continua ad aggirasi fra i cantoni senza capire nulla...per inerzia, per ignoranza.
    Francesco

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  2. mi sono scassata di vedere le solite facce in tivvù a fare demagogia e piangersi addosso mentre appunto, intelligenze a cognome singolo le cui famiglie si sono svenate affinché studiassero giornalismo o comunicazione si vedono surclassate da figli di papà già delfini prima di essere nati.
    io piangevo sempre quando giocavo ai 4 cantoni. Piango ancora. Comunque buone feste Francesco.

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