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sabato 24 novembre 2012

Deriva #8 Facce da Anonimi


Ci scommetterei la casa, se l’avessi, che tante delle faccette da sante attaccate alle pareti che vedo su FB, tanti impiegati modello con figli in braccio, e nonne, e zie che scrivono di torte e di feste di compleanno, su twitter si trasformano in esperti conoscitori della perversione e delle tecniche amatorie più ambite.

L’anonimato rende il pavido un nuovo esperto della filosofia da supermarket e del giudizio sferzante verso il mondo.
L’anonimato è la maschera dell’invidioso, di chi approfitta di non dover mostrare né faccia né curriculum per svuotarsi di tutta la bile accumulata giornalmente.
L’anonimo è colui che ci ha provato, ha fatto provini per Xfactor e per il grande Fratello e che appena può inveisce contro chiunque abbia un codice Isbn. L'anonimo livoroso segue il flusso, si fa onda e diventa tzunami.

Siete voi che me lo domandate, perché vi piace sentirvi raccontare e anche con ferocia.
Ed è per questo che nonostante il mio blog non sia che una parte infinitesimale dell'universo digitale mi scrivete, raccontate di voi, sempre sotto falso nome, storie di sesso, amore ed esistenze amare.
Allora parlo di quelle femmine, e dei maschi, che sotto nickname generalmente divertenti e icone spesso ammiccanti, sparano massime banali e frasi dolciastre rivolte a un “tu” indeterminato, certi di rimanere impuniti. Come faccia poi quel “tu” a rintracciarle, per me resta un mistero.

Se su FB mantiene il proprio nome e cognome, mette in evidenza le proprie qualità “cristiane”, esibisce gattini e post contro la caccia e si fa paladina della pace in terra, su twitter svela il volto segreto, quello da club Privé, da DM sconcio e dai centoquaranta caratteri veramente hot. Sempre piuttosto raso terra a mio avviso ma comunque “hard” per un emisfero fatto di mode, abitudini e noia.

Forse nemmeno frequenta Youporn l’anonima mutanda di pizzo trasparente ma ammicca, mostra e nasconde, sbaciucchia e dedica, insomma, si sollazza.
E poiché nella mia misera esistenza ho lavorato anche in un 144, so chi si nasconde dietro certi nickname tutto sesso e barricate. Perché più il personaggio è scollacciato, disinibito e sensuale più è vicino a una realtà sovrappeso e normal. E non che ci sia nulla di male nell’essere normal, e neppure sovrappeso, se non fosse però così importante fingersi altrimenti.

Ed è lì, dietro il desk di chissà quale ufficio, che il nostro ligio fornitore di servizio pubblico o privato indossa la maschera.
Assicuratori, medici, avvocati, impiegati comunali, addetti, messi, vice, capi, segretarie, commesse, madri e uscieri, nel silenzio della propria stanzetta dalla luce al neon, si sentono finalmente a casa.
Il Re indiscusso del “fu” web 1.0, della chat e dei newsgroup oggi, attraverso twitter può nuovamente scatenarsi nell’inventare un sé diverso, generalmente sovversivo, bisessuale, impudico, coraggioso e TRENDY.

E se il “foot fetisher” DOC se ne sta nascosto tra gli annunci dei siti più specialistici e paga cifre ragguardevoli per un paio di sandali dove ci siano le impronte di un piede 35, quello cafone non si fa scrupoli a partire dal piede per arrivare al terzo DM a domandare un appuntamento live. Perché certa cultura non s’improvvisa e se è posticcia la riconosci a colpo d’occhio, come il cafone a Cortina.
Dobbiamo metterci le etichette in fronte per “esistere”. E in una realtà sempre meno kunderianamente leggera e sempre più fumettisticamente semplice, è bene, per evitare fraintendimenti, che l’etichetta sia anche carattere “14” e grassetto.
Le donne urlano: autonomia, forza e delusione.
Gli uomini sussurrano: delusione, voglia di dolcezza, paura di non farcela.
Ma su twitter bisogna rappresentarsi ed è meglio farlo con i costumi più belli.

E le sensuali PIC variano secondo la moda e la tendenza. Dallo stile mutanda alla caviglia “sono sexy ma dissacrante, vogliosa ma originale” a quella lato B “vorrei ma non posso allora rubo la foto dal web e la spaccio per mia”, da quella “tette quarta misura in primo piano” ma non permettetevi di inviarmi DM hot a meno che non siate Brad Pitt a quella tutta rosa e sfumata per la serie “sono dolcissima in autoreggenti bianco latte”.
C’è la “stilosa” collo lungo capello okkei. C’è la “boccosa”, negli ultimi mesi di gran moda, rosso fuoco, turgida ed evidentemente di un’altra, c’è la Slave e la Domina esperta, nate dopo le sfumature estive e in odore di trasgressione soft ma che il marito pigro non asseconderà neanche morto.
Ma se le donne, con la mano libera dai fornelli, giocano a chi ce l’ha più originale, il maschio, magari mentre la moglie è in cucina, non è da meno.

C’è quello stile Casanova che dedica canzoni a tutto spiano e quello generoso in complimenti, quello che “ho una moglie bellissima”, casomai a qualcuna venisse in mente di provarci ma anche “magari si fida di me e ci casca” e quello che esibisce muscoli e tanta pazienza e che come un ragno tesse la tela e aspetta. C’è l’irreprensibile twitstar che di tanto in tanto pesca nel mucchio –perché mi sa che a sua disposizione ne ha proprio tante- e il bel cinquantenne che lancia il sasso e nasconde la mano. Non può certo mancare il Master, che su domande trabocchetto mi casca in banalità da settimanale per famiglie.
C’è veramente tanto tra queste favolette e nuvole rosa.
Dietro ogni profilo anonimo una possibilità d’essere: una mano che digita con allegria una vita sognata e l’altra che manda avanti un quotidiano assai più opaco.
Fate quindi attenzione, perché dietro la mutanda trasparente potrebbe nascondersi vostro cognato o peggio, suo fratello.

4 commenti:

  1. Pezzo condivisibile, e anche io - come credo molti - potrei raccontarti di gente incontrata completamente diversa da come si mostra (anche in senso opposto a quello che tratteggi tu)
    Io, che in genere ho poche difficoltà a declinare un nome e un cognome e che in genere oltre difficilmente non vengo notato, non li capisco proprio. Perché vivere una vita sotto fingimento? Chi glielo fa fare? E soprattutto, qualcuno mi dice come si scrive correttamente "glielo"?

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  2. ho entrambi i profili con nome, cognome e foto; se mai ho avuto qualche tentazione di anonimato è successo più che altro sulle opinioni politiche. Che non son neppure estreme, in effetti, ma tant'è... vien in mente il posto di lavoro, la paura di ritorsioni eccetera. Allora, riflettendo, mi vien da pensare che in parte il "nodo" stia nello sgradevole impasto di censura/bigottismo/ipocrisia che purtroppo innerva la società italiana, per ben noti motivi storici. Insomma, secondo me una cinquantenne svedese che ha voglia di spararsi un pornazzo non si crea un account anonimo... impressione personale, ovviamente.

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  3. mi intravedo nelle tue righe, ma credo per presunzione non mi leggo del tutto....ma mi offro per uno spietato ritratto ;)

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