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mercoledì 1 gennaio 2014

Deriva #43 derivadellaseduzione: il sessantenne


Quando le arrivò il primo messaggio diretto, la donna portava capelli cortissimi e non aveva ancora pensato a farsi un lifting.
 
Il mio sessantenne è calmo come un lago estivo, appagato perché ha raggiunto mete importanti, perché conosce già le derive cui la seduzione può condurre e le evita accuratamente.
È  circondato da nipoti festanti anche se single impenitente, lui adotta i nipoti degli altri, dei fratelli e degli amici, pochi e importanti che gli stanno sempre accanto. È un uomo retto e ha un sacco di impegni, ha ancora sogni, sempre equilibrato nei giudizi è ancora curioso, almeno si sorprende comunque. Oppure fa finta.
Legge, nella sua casa inondata di sole ha imparato a non avere fretta e legge, per lo più autori di grido, certo, quelli che la critica osanna e i giornali consigliano, ovvio. Mai che rischi una ventina di euro o tre delle sue preziose ore su autori sconosciuti che possano riservare sorprese. 
Ama l’arte in tutte le sue forme, costose, di nicchia e possibilmente di tendenza.
Sì, certo, i due si vedranno un giorno, o più probabilmente in una futura esistenza. Almeno andando avanti di questo passo, un passo che è meditazione camminata e mai corsa, perché il tempo della contemplazione e dei ricordi è fatto di sorsi lunghi e lunghi abbracci, nessuna fretta di arrivare all’orgasmo, quello, alla fine, somiglia sempre a se stesso.
Viaggia in utilitaria ed è ottimista, la sua vita l’ha già percorsa in buona parte, superato da un po’ il suo traguardo, la boa l’ha sorpassata più volte e ne ha viste di peggio, ha vissuto gli anni di piombo, ha vissuto la grande rivolta, l’ideologia e la sua morte, la politica che è sempre la stessa. Oppone ottime scuse per evitare stancanti gite fuori porta, di norma preferisce un fine settimana in solitaria nel casale a Todi (quello che ogni sessantenne di riguardo possiede), non colleziona inutili oggetti, semmai prime edizioni di sconosciuti poeti tedeschi.
Ama la buona cucina e il buon vino, che sorseggia con espressione esperta nella cantina di un quartiere storico della capitale, il sabato pomeriggio, al termine di una settimana da chiudere in bellezza.

Lei, ancora bella e immersa nel tourbillon di un’esistenza che le domanda faticose performance, ne ha vissute fin troppe, per sedurlo. Foto patinate stile playboy (che non lo spaventino), primi piani hard (che smuovano qualcosa nei suoi boxer), piedi, nuca, mani, labbra dischiuse filmate durante un orgasmo durante il quale -così recita la didascalia- ha pensato unicamente a lui.
Single o sposata poco importa, la quarantenne è ormai precipitata nella morsa della seduzione rimandata in eterno e nell’eterna attesa della domanda in DM: che fai sabato prossimo?
Perché anche a lei poco importa dell’amplesso, un orgasmo può ottenerlo da chiunque o meglio ancora da se stessa, è la preparazione del terreno ciò che le interessa, dissodare il cuore e seminare fantasie ciò che la eccita, è lo sguardo di ammirazione sul proprio corpo al quale punta, i paragoni con opere d’arte, i versi che lui sussurrerà sulla sua pelle nella luce soffusa di una camera d’albergo dove, come amanti di un film in bianco e nero, troveranno rifugio chissà quando, di scuro in un primo pomeriggio di una domenica di pioggia.
Anche lei conosce le derive dell’amore, i fallimenti, che ha messo via nel cassetto più buio del suo passato, le sussurrano sadicamente che la passione è soltanto un intoppo, che la passione abbaglia, devia il cammino stabilito e supera i limiti stabiliti un tempo.
La passione è un abisso che invita incessantemente al salto.
È la seduzione che vuole, la preparazione a un incontro fatto di parole sensate e invisibili gesti, a un sorriso che le resterà dentro anche nel tempo a venire, a una relazione che non domanda niente. Ciò che è stato è stato già e ne ha avuto abbastanza, ora vuole soltanto lasciarsi guardare, farsi guidare da una mano esperta, da un desiderio fatto di sottintesi e sfumature.
Vuole soddisfare piccole richieste, un bacio, un timido sfiorarsi di labbra in macchina, come tanto tempo fa, nel tempo opaco della trapassata adolescenza.

Lui la guarda di nascosto.
Di tanto in tanto la rituitta.
Raramente risponde.
È un Senatore, uno scrittore, un critico, un industriale, un giornalista. È forse un famosissimo regista. È uno che lavora con la testa. Un ex sessantottino riciclatosi nel mondo dell’arte.
Di tanto in tanto si palesa in DM con un romantico complimento, con un menzognero “ci vediamo presto” che non sarà mai, in un tempo in cui le giornate le ha impegnate tutte, dove non c’è più spazio per l’amore se non come riflesso di un passato da contemplare e di cui essere soddisfatto.
La vuole, la vorrebbe, la vorrà. Così digita il mio sessantenne quando vuole sottintendere che lui c’è ancora, che lui è là, e che dietro il suo account tutto politica e battute, un desiderio nascente batte ancora sotto la stoffa pregiata dei suoi pantaloni fumo di Londra.
Se la porta sul cuore come un “domani si vedrà”, un minuscolo cedimento da contemplare al termine della notte, se proprio non avrà di meglio cui pensare.
Questo incontro a due non ha inizio né fine, è lento come un film della Nouvelle Vague senza sonoro, è una pagina di un libro presa a caso, un sospiro lieve che rimanda a un’impossibile speranza.
Un sogno dal quale lei si sveglia con un ampio sorriso e ancora un “chissà”.

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