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sabato 24 maggio 2014

Grazioso trilocale, ottima esposizione

Ho abitato dodici case da quando sono espatriata dalla mia città natale.
Sono nata quando avere una proprietà, ti destinava al marchio infame di privilegiato, indegna anche di stare in Piazza Umberto tra i compagni, mi ritrovo oggi, tra migliaia di offerte di acquisto, a entrare in casa d’altri e leggere negli occhi di ognuno la vana speranza di un’offerta.
Gli annunci immobiliari non corrispondono mai a ciò che vedrò varcata la soglia di una porta che promette bene e non mantiene mai, eppure, l’universo che essa racchiude mi commuove ogni volta. 
Sono case piene di dignità, minuscoli regni di chi ha riposto lì proprio ogni speranza, che tra quelle quattro mura destinate a figli e nipoti ha vissuto un presente appesantito dalla rata del mutuo e un futuro di vincite alla lotteria. Microcosmi colorati suddivisi in minuscole celle, composti di disimpegni inutili e inutili corridoi, Feng Shui casalinghi letti sulle riviste femminili, muri fantasiosamente colorati di giallo, blu e arancione, acquari senza pesci, troll e fatine ben spolverati messi in fila sul camino sempre spento, perché un camino non ha proprio senso in un appartamento al quarto piano senza ascensore. Bambole, nani da giardino disposti con cura sul prato, piastrelle tirate a lucido per la visita dei clienti, mattonelle applicate e lavorate in rilievo, tendaggi, poltrone massicce occupano ogni millimetro.
Con religiosa deferenza porgo la mano a gente sconosciuta che ci segue silenziosa, il televisore acceso sul talk show pomeridiano, sussidiari e quaderni sparsi sul tavolo da pranzo, l’onnipresente centro tavola ricamato e la frutta finta, il letto massiccio a meno di un passo dall’armadio troppo grande e scuro. Ovunque oggetti, ninnoli che non si ribelleranno mai alla propria natura di cose di poco valore.
Chi arriverà dopo di noi troverà un’immensa discarica di nulla, di cestini di vimini sempre pieni di qualcosa, vecchie custodie di cellulari, porta occhiali, accendini rotti, penne senza inchiostro e tappi di bottiglia.
Cose scolorite occupano anche balconi e sottoscala, memoria di chissà quando e chissà che, inutili e dimenticati.
Bicchieri e servizi da tè messi in mostra come nella vetrina di un bazar, nell’antica usanza contadina che ciò che è buono si mette via per momenti migliori, per il tempo che verrà.
Un televisore al plasma incombe in ogni stanza, anche se i vani sono soltanto tre.
Gli scaffali stanno lì ad accumulare trofei. Marmottine imbalsamate, madonnine scolorite, vasi cinesi e fiori di plastica. Non un libro. Nemmeno la bibbia. Sul comodino la settimana enigmistica, il sudoku o il settimanale scandalistico.
Ogni casa ha il suo odore speciale e sconosciuto, e mi rimane addosso per giorni come la vita che c’è dentro. L’odore del respiro profondo della notte e del riposo. L’odore di vecchio della casa dei vecchi, l’odore di latte nelle case dei neo sposi. Il triciclo triste sul terrazzino un metro per due. Scarpe e panni stesi ad asciugare all’ombra grande condominio di fronte che incombe sulla palazzina a due piani.
Eppure l’annuncio diceva: graziosissimo trilocale, spazioso, ottima esposizione.


2 commenti:

  1. Forse intendeva esposizione alla critica e al commento... Lucky

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  2. Anch'io giro in questi giorni per trilocali... ci sarà crisi ma vogliono tutti una barca di soldi...

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